Tuttavia nel 1718 l’Aquila risorse per grande merito del già ricordato cavaliere Giovanni Antonio Pecci che chiese al tribunale di Biccherna che la Contrada potesse partecipare nuovamente al Palio. La richiesta diede origine ad un acceso dibattito sviluppatosi in varie udienze ed il Capitano Ascanio Bulgarini sostenne così efficacemente le ragioni dell’Aquila davanti al tribunale che lo stesso, riconosciuto il buon diritto della Contrada attrice, emise sentenza a Lei favorevole. Così l’Aquila, oltre a recuperare buona parte del Suo territorio (i cui confini furono poi sanciti dalla Principessa Violante Beatrice di Baviera nel Bando del 7 gennaio 1729, stile senese), rientrò in Piazza vincendo l’anno dipoi (il 2 luglio 1719) il Palio che tuttora conserva nel Suo museo e che è il più antico di quanti, in originale, si trovano nei musei delle diciassette Consorelle.

 

La sentenza del tribunale della Biccherna, però, oltre a produrre, come abbiamo visto, l’immediata vittoria del Palio e la reintegrazione del territorio segnò anche il reingresso dell’Aquila in quella che si può chiamare la vita comunitaria delle Contrade che, in quell’epoca, consisteva quasi esclusivamente nelle aggregazioni o alleanze.

L’Aquila stipulò la sua prima alleanza nel 1718 con la Contrada Priora della Civetta che fu l’unica a salutare la nostra Contrada, al suo riaffacciarsi nell’agone del Campo, spiegando in segno di amicizia le sue bandiere. L’anno 1788 vide poi l’inizio dell’alleanza con la Contrada del Drago e, successivamente, altre alleanze furono strette con l’Istrice, la Pantera e l’Oca. Oggi, dopo quasi tre secoli, permangono intatte le alleanze con la Civetta ed il Drago, ulteriormente consolidate dall’accrescersi dei vincoli generati da un’istintiva simpatia ed una leale amicizia. Sono state rotte invece le alleanze con l’Oca (1921), l’Istrice (1946) ed in modo davvero traumatico con la Pantera (1948).

Questi eventi segnarono altresì l’inizio di una nuova vita e dello sviluppo della nostra Contrada. Furono convocate le prime assemblee che si tennero nell’anno 1718 nel fondaco di Antonio Facelli speziale in Postierla, e nella sala grande di casa Pecci, dimora del suddetto Giovanni Antonio, che occupava buona parte del lato destro di Via del Capitano – venendo dal Duomo – e che aveva nel retro un grandissimo orto che si stendeva fino all’attuale Fosso di Sant’Ansano, conosciuto anche oggi come l’orto del Pecci.

Il Palio vinto nel 1719 fu portato nella chiesa di San Pietro in Castelvecchio ed a proposito di ciò, è detto che, del premio in denaro, dieci scudi furono dati al Rev. Michele Lenzi per avere permesso di adunare il Consiglio nella detta chiesa e di celebrarvi la Festa di San Filippo Neri. E’ da ritenere che anche altre adunanze vi fossero tenute perché troviamo che pure il drappellone vinto il 24 giugno 1735, nella giostra indetta dalla Contrada della Tartuca, fu consegnato a detta chiesa perché vi fosse conservato. Lo stesso dicasi per il Palio nel 1749.In seguito gli Aquilini usarono riunirsi nella chiesa dello Spedale di Santa Maria della Scala. Dai documenti di archivio risulta infatti che ancora lì fu portato e custodito il Palio vinto l’8 luglio 1753.

Nell’anno 1788 la Contrada ottenne l’Oratorio dei Tredicini che, da quell’epoca, ha ininterrottamente posseduto. La fabbrica, semplice ed al tempo stesso elegante, fu disegnata dall’architetto Flaminio del Turco (delib. 27/9/1629) ed al suo interno si trovano dipinti di buona scuola e notevole valore: all’altare maggiore una squisita “Madonna del latte” su tavola, di scuola bizantina, opera di Pietro Ramat da Pesaro dell’XI secolo e la Natività di San Giovanni Battista (1673) di Bernardino Mei. Agli altari laterali tele di Astolfo Petrazzi e Domenico Manetti. In esso, oltre che celebrarvi le funzioni religiose, gli Aquilini si adunarono fino al 1920. E sono stati infatti gli anni del nostro secolo quelli più densi di realizzazioni e di soddisfazioni, quelli in cui l’Aquila cresciuta impetuosamente anche nel numero ha finalmente spiccato il volo.